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100 | il bardo |
Nell’orribile dubbio odo un lamento
D’afflitta belva, un ululato acuto
Che uscìa di mezzo alle ruine, e il sento
420In suon che sembra dimandarmi ajuto.
Salgo, ed ahi! veggo (umano sentimento,
Vieni e impara pietà), veggo giaciuto
Là sul rottame il mio Melampo, antico
De’ nostri lari e sempre fido amico.
425Mi riconobbe ei sì, ma non diè segno
Dell’usata esultanza il doloroso;
E d’amor e di fede unico pegno
Alzò la testa e mi guardò pietoso.
Poi si diè ratto con umano ingegno
430A raspar le macerie, e lamentoso
Ululando e scavando tuttavolta,
Dir parea: La tua madre è qui sepolta.
E, ohimè! che vero ei disse; ohimè! che quanto
M’era dolor serbato io non sapea!
435Misera madre!... E qui ruppe in un pianto,
Che degli occhi due fonti gli facea.
Pianse percosso di pietade il santo
Veglio, pianse Malvina, ed attendea,
Già disposta a maggior duolo, dal caro
440Labbro la fine del racconto amaro.
Fine del Canto Sesto.