Hanno esausto lo stato; il Nume è spento
Di Giustizia; nè senno, nè decoro 275Nel maneggio civil; qual vile armento
Spinti i soldati al marzïal lavoro.
Ove sono i miei figli? ove li cento
Mila fratelli che lasciai d’alloro
Carchi? che avvenne di cotanti forti? 280Mi rispondete; che ne fu? Son morti.
Morti, ahi! son della patria i difensori,
E vivi i tristi che la patria uccidono;
Vivi non pur, ma eccelsi e reggitori
Supremi al comun pianto empj sorridono. 285E delle leggi intanto i creatori
Senza consiglio, senza cor s’assidono
In venduto Senato: han sotto il piede
Spalancato l’abisso, e nullo il vede.
Ma d’infamia coperto e irrevocato 290Passò, lo giuro, de’ ribaldi il regno,
E della patria qui sul lacerato
Corpo il giura de’ prodi il santo sdegno.
Come vento tra scogli imprigionato
Fremè il Consesso a quel parlar già pregno 295Di vicina tempesta; ed una voce,
Lo Statuto, gridò cupa e feroce.