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94 il bardo

Hanno esausto lo stato; il Nume è spento
     Di Giustizia; nè senno, nè decoro
     275Nel maneggio civil; qual vile armento
     Spinti i soldati al marzïal lavoro.
     Ove sono i miei figli? ove li cento
     Mila fratelli che lasciai d’alloro
     Carchi? che avvenne di cotanti forti?
     280Mi rispondete; che ne fu? Son morti.
Morti, ahi! son della patria i difensori,
     E vivi i tristi che la patria uccidono;
     Vivi non pur, ma eccelsi e reggitori
     Supremi al comun pianto empj sorridono.
     285E delle leggi intanto i creatori
     Senza consiglio, senza cor s’assidono
     In venduto Senato: han sotto il piede
     Spalancato l’abisso, e nullo il vede.
Ma d’infamia coperto e irrevocato
     290Passò, lo giuro, de’ ribaldi il regno,
     E della patria qui sul lacerato
     Corpo il giura de’ prodi il santo sdegno.
     Come vento tra scogli imprigionato
     Fremè il Consesso a quel parlar già pregno
     295Di vicina tempesta; ed una voce,
     Lo Statuto, gridò cupa e feroce.