225E l’un l’altro inghiottire, e furibondo
Il mar levarsi e divorar la terra,
E squarciarla i vulcani, e nel secondo
Caos gittarla gli elementi in guerra.
Figlio, in questa ruina (e dal profondo 230Cor sospirò) l’immagine si serra
Di nostra patria: cade la sua mole,
Perchè a’ suoi moti non è centro un Sole.
Tacque; e surto del loco ove sedea,
Gli occhi al suol fitti, e a passo or presto or lento 235Misurava la stanza; e sculto avea
Su la fronte l’interno agitamento.
Tra la primiera genitrice idea
Di perigliosa impresa, ed il momento
Dell’eseguire, l’intervallo è tutto 240Fantasmi; e bolle de’ pensieri il flutto.
Allor fiera consulta in un ristretti
Fan dell’alma i tiranni; e la raccolta
Ragion nel mezzo ai ribellati affetti
Sta, qual re tra feroci arme in rivolta. 245Ma prestamente, ove la Gloria getti
Nel mezzo il dado, quella lite è sciolta.
Tormenta i petti generosi allora
Il periglio non già, ma la dimora.