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Il maggiore FIORE cav. MARIO, comandante di quel battaglione zappatori del Genio, che fu già citato nel bollettino all’ammirazione del paese, cadde colpito da mitraglia nemica. Era un momento in cui le condizioni della lotta erano estremamente difficili. Il maggiore Fiore non esitò un istante ed accorse dove più aspro era il combattimento: calmo e sereno, fra una tempesta di fuoco, aveva più volte ispezionata la linea, incuorando ed incitando i forti Zappatori.

Alle raccomandazioni di prudenza consigliata dalla sua qualità di comandante di una importante unità, aveva risposto: «Qui bisogna morire, e io preferisco morire tra i miei soldati». Ad un ufficiale inviato da un Alto Comando, il quale, date le condizioni del terreno, aveva manifestato qualche dubbio sulla resistenza del battaglione, ordinò: «Vada a dire al suo Generale che qui il nemico non passerà: la linea la difenderemo coi nostri petti».

Tenne la parola; cadde colpito al petto; ma il nemico non passò.

Il prode Ufficiale era di Napoli, poco più che trentenne. La sua vita fu tutta un ardore di patriottismo, in una fede purissima, nei destini d’Italia.

Colpito al cuore, morendo coi movimenti incomposti del braccio che fu forte, sembrava incitare ancora i suoi prodi.

I quali lo adoravano. E quando il nemico fu scacciato, i suoi Zappatori ne raccolsero le spoglie sacre, le seppellirono nel povero cimitero di . . . . e vi eressero con le proprie mani un tumulo, monumento guerresco di devozione e di ammirazione.

(Dal «Popolo d’Italia» del 30-6-18).

Trincee, baracche e gallerie.

Quanta terra e quanta roccia hanno scavato i Minatori e gli Zappatori del Genio! Basti pensare che solo nei primi due anni di guerra furono costruiti più di tremila chilometri di trincee, numerosi ricoveri, gallerie, cannoniere in caverna, postazioni di mitragliatrici, ecc. E quante baracche sono state costruite? In un solo inverno ne furono approntate tante da poter accogliere oltre un milione di uomini ed assorbirono 300 mila metri cubi di legname, 20 tonnellate di materiali metallici, e stuoie, feltri, cartone, lastre eternit, per una superficie di 66 milioni di metri quadrati.

Tali opere richiesero il trasporto in zona di guerra di una enorme quantità di materiale, oltre l’impianto di segherie, fornaci, laboratori meccanici, fabbriche di cemento, ecc.´


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