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LUIGI, in cui l’essere rimasti al proprio posto dove occorreva emanare ordini o comunque assolvere impegni bellici ha significato la salvezza d’interi settori.

Anche sono note prove sublimi d’attaccatezza al proprio dovere come quelle del soldato CASALI ALDO da Gadesco che, impegnatosi di portare un ordine, sebbene ferito fino al dissanguamento, non sosta finchè non assolve il suo mandato; del capitano CORINALDESI FERRUCCIO da Senigallia, che, ferito in tutt’e due le gambe, resta sul posto fino a quando non ha riferito sui lavori eseguiti e non ha fatto la consegna al successore; del caporale CERESETTI AGOSTINO da Brescia, che per incorare i suoi uomini a lavorare sotto il tiro nemico rimane esposto con indifferenza al pericolo finchè non cade colpito mortalmente; del caporal maggiore PETRICCA BENIAMINO da Civitella Roveto che offre la sua giovane esistenza per soccorrere il suo capitano ed altri ufficiali rimasti sepolti tra le macerie per lo sfondamento di una tana provocata da granata nemica.

Il sottotenente SCORCIA GIUSEPPE da Bari e i suoi Lanciafiamme provarono anche una volta a Nova Vas nel novembre del 1916 cosa valgano i soldati del Genio in combattimento.

Gli apparecchi avevano funzionato fino all’ultimo momento. Si avvicinava l’ora dell’assalto alle posizioni nemiche. I Lanciafiamme, fatta la loro parte, potevano trarsi dalla battaglia.

Ma Scorcia Giuseppe vuol seguire la sorte della fanteria e nell’impeto di un assalto dona la sua ardente giovinezza alla Patria.

I Centurioni.

Oggi non si fa la guerra soltanto con i cannoni, le schioppettate e le bombe a mano; non si muore soltanto nel combattimento: lo sa ogni combattente.

I «centurioni» combattono la loro guerra sul lavoro e muoiono: anche, senz’armi, ma con in pugno gli ordegni del lavoro.

È stato visto alla nostra fronte, lo hanno rilevato di recente sulla fronte francese dove i nostri maturi soldati han pagato alla causa degli Alleati tributo d’opere mirabili e di sangue.


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