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di combattente sempre in prima fila dove ci sono disagi e pericoli da affrontare, sempre pronto dove urge moltiplicare l’attività ed il sacrificio.
Ma non si può chiudere questo capitolo senza una parola per quei Telegrafisti che al momento decisivo della battaglia — come il caporale DONATELLI ALCEO da Mantova, caduto in combattimento nelle memorabili giornate del Montello — non seppero resistere al desiderio d’imbracciare un fucile e di tuffarsi nella mischia desiderosi di offrire il meglio di se stessi alla grande causa italiana.
«Pagine gloriose ha scritto l’arma del Genio nell’attuale guerra seguendo le sue nobili tradizioni e irradiandole di luce novella. Quando sarà possibile di sapere nei più minuti particolari ciò che ha dato di lavoro, di pazienza, di tenacia, di sangue, l’arma del Genio alle vittorie italiane, l’ammirazione sarà profonda, la gratitudine imperitura.
«Preparatrice paziente, cosciente, generosa di vittoria, ecco come si dovrebbe definire l’arma italiana del Genio.»
(Da «La Guerra d’Italia» del Touring Club Italiano).
Lanciafiamme.
Siamo nel dicembre del 1917.
Il nemico vuol forzare nel settore di Monte Zomo. La prima ondata nemica nel pomeriggio del 5 viene arrestata da due apparecchi lanciafiamme. (Contro un nemico che ha inventato ogni sorta di strumenti diabolici siamo stati costretti ad adoperare armi uguali di difesa e di vendetta).
Il tenente del Genio CORRADO SERGIO, che aveva diretto quell’operazione, rimaneva sul posto semi-asfissiato.
Poco dopo il nemico sferra una seconda ondata, e riesce a penetrare nella caverna dove si trovavano i nostri apparecchi.
L’ufficiale viene fatto prigioniero e trasportato in barella da quattro portaferiti austriaci verso Asiago.
Ma ecco una provvidenziale granata italiana che scoppia a breve distanza; i portaferiti, che non vogliono aspettare la seconda, abbandonano senz’altro la barella...
Il tenente Corrado, rimasto solo, infila il cappuccio del cappot-
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