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IDILLIO II 15

ma tutta quanta brucio per quello che me derelitta,
invece che sua sposa, rendea non piú vergine, e grama.
Alla mia casa, torquilla, tu spingi a venire quell’uomo.

Libo tre volte, e a te questa prece, o divina, rivolgo:
sia che una donna, sia che un uomo al suo fianco si giaccia,
lo colga sommo oblio, come quello onde un giorno Tesèo
ne l’isola di Nasso scordava la bella Arïanna.
Alla mia casa, torquilla, tu spingi a venire quell’uomo.

V’ha presso gli Arcadi un’erba che rende i cavalli dementi,
pazzi in ogni alpe manda puledre e veloci corsieri.
Cosí vedessi a questa mia casa, con aria di folle,
precipitarsi Delfi, lontan da la bella palestra.
Alla mia casa, torquilla, tu spingi a venire quell’uomo.
Strappa una frangia e la gitta sul fuoco.
Delfi una volta dal suo mantello perde’ questa frangia.
Ora la faccio a pezzi, la gitto sul fuoco selvaggio.
Amore amaro, perché da le membra il rosso mio sangue,
come una sanguisuga palustre, m’hai tutto succhiato?
Alla mia casa, torquilla, tu spingi a venire quell’uomo.
Gitta sul fuoco una salamandra.
Questa triturerò salamandra, veleno mortale,
te la farò ber dimani. Tu, Tèstili, spalma queste erbe
sopra la soglia sua, finché notte è ancora. Poi sopra
sputaci, e di’ cosí: Son l’ossa di Delfi eh io spalmo.
Alla mia casa, torquilla, tu spingi a venire quell’uomo.
Testili esce.