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IDILLIO I 7


Due volpi attorno a lui. Pei filari una d’esse movendo,
l’uva matura divora: quell’altra rivolge ogni astuzia
alla bisaccia, e dice che il bimbo lasciar non intende,
se prima sana e salva non tragga di lí la merenda.
E il bimbo intanto intreccia coi giunchi asfodeli, e si foggia
una gabbietta da grilli. Né a cuor la bisaccia o la vigna
tanto gli stanno, quanto si gode a intrecciar la sua gabbia.
Tutto d’attorno gira volubile acanto la coppa:
è pastorale portento, prodigio è che induce a stupore.
Né questo labbro mai l’ha toccata, ma intatta è rimasta.
Ed io ben volentieri donartela, o caro, vorrei,
se tu volessi in cambio cantarmi quell’inno soave.
Né io davvero voglio burlarti. Comincia, o mio caro
non vorrai certo il tuo canto serbare a l’oblio de l’Averno.
tirsi
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.
Io sono Tirsi d’Etna, e questa è la voce di Tirsi.
Ove eravate allorché morí Dafni, ove. Ninfe, eravate?
Per le ridenti valli penèe, per i gioghi di Pindo?
Non su la gran corrente dell’Ànapo certo eravate,
non su la vetta de l’Etna, non d’Aci sui rivoli sacri.
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.

Lui le pantere, lui piangevan con l’ululo i lupi,
quando moría: lo pianse perfin dal querceto il leone.
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.

Dinanzi ai piedi suoi, molti bovi con molte giovenche,
con molti tori, e molti vitelli facevano lagno.
Muse, intonate. Muse dilette, l’agreste canzone.