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XXXII PREFAZIONE

Ma sotto questa rupe cantar, fra le braccia te avendo;
vedendo il gregge al pascolo, ed il mar di Sicilia.


Anche qui, aurea mediocritas. Non guerre, non gare, sempre rischiose. E neppure quattrini non ne brama troppi, e biasima tutti gli avidi e gli avari: i quattrini non valgono di per sé, ma soltanto per le belle cose che ci si possono fare.

Un altro bene desidera invece il poeta: l’amicizia e la stima di tutti.

Per conto mio, la stima goder, l’amicizia di tutti,
m’importa piú che avere gran copia di muli e cavalli.

Il tòno è cosí schietto, che vorremo credere senz’altro alla sua sincerità. E d’altra parte, questa esplicita dichiarazione riesce confermata da quanto sappiamo della sua vita, e da molte sue poesie. Chiara traspare l’affettuosità dalle parole che rivolge al medico Nicia. E su questo punto, Teocrito è veramente eroico: egli estende la sua benevolenza, e, parrebbe sincera, non solo ai dilettanti, come Nicia, bensí anche ai professionisti, ai rivali. Professionista, forse il famoso Leonida di Taranto, è il poeta adombrato nel finto capraro delle «Talisie». Eppure, una verace simpatia traspare da ognuno dei tratti ond’esso è dipinto. Basterebbe quel riso cordiale che continuamente gli fiorisce su le labbra, e nel primo momento che lo incontrano, e quando poi comincia a parlare, e quando accetta la gara, e, infine, quando offre il bastone da lepri.

E non basta. Per bocca del suo avatàr Simicida, dichiara che non presume di poter gareggiare né con Fileta, né con Sicèlida, che, come si disse, sarà forse il famoso Asclepiade. E anche qui il tòno sembra sincero, sincerissimo. «In un cespuglio — diceva un proverbio greco — non c’è posto per due fringuelli». Ma Teocrito ce ne faceva entrare una nidiata. Era