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XV
LE SIRACUSANE
Le Siracusane sono il capolavoro di Teocrito, e una delle grandi meraviglie dell’arte. Ventidue secoli sono trascorsi; e, simile all’Alfeo, che manteneva chiare e dolci le sue acque fra l’infinita salsedine del mare, questo idillio conserva intatta la sua freschezza e la sua vivacità: da questo lato, non so proprio quale altra opera d’arte possa rivaleggiare con esso.
Il quadro è qui assai piú ampio che in qualsiasi altro idillio: qui abbiamo il tentativo di far muovere, in una mutevole successione di scene, che ci trasportano da luogo a luogo, non solo i propri personaggi dell’idillio, bensí anche tipi secondari e macchiette, e, nello sfondo, masse e folle alle quali sarebbe angusta perfino la cornice scenica. E abbiamo come tre atti in miniatura, col rispettivo cangiamento di scena: il primo, nell’atrio della casa di Prassínoe; il secondo per la via, tra la folla; il terzo dentro la reggia di Tolomeo.
Crederei di far torto al lettore, indugiando ad analizzare la psicologia di Gorgo e di Prassínoe; e neppure occorre troppa penetrazione critica per concludere che le donnicciòle di Alessandria d’Egitto di tre secoli prima di Cristo somigliavano, come gocce d’acqua a gocce d’acqua, alle donnicciòle d’adesso.
Nella terza parte, c’è mitologia finché se ne vuole; ma qui è a posto, perchè va segnata a carico della poetessa che canta l’inno per Adone. Alla quale, però, nessuno vorrà menar buona quell’ultima filastrocca d’eroi che essa allinea per dimostrare come nessuno di loro fu privilegiato quanto Adone. Per fortuna, con effetto analogo a quello che abbiamo già visto ne «L’amor di Cinisca», dopo la sfuriata mitologica, abbiamo una conclusiva