Pagina:Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu/289

242 TEOCRITO

riecheggi le parole dei contadini nella seconda paràbasi de La pace.

Dal verso 4 a pag. 59 rileviamo che chi sacrificava a Pane lasciava una parte della carne ai ragazzi. E quando era pochina, questi se la rifacevano con l’effigie del Nume. Il Molone di cui si parla a pag. 59, v. 21, era un rivale amoroso di Arato.

VIII

I MANDRIANI

Pochi idilli hanno suscitati tanti entusiasmi quanto questi «Mandriani». Il Carducci, nella seconda «Primavera ellenica» ne ha mirabilmente tradotti due distici:

Oh di Pèlope re tenere il suolo
oh non m’avvenga, o d’aurei talenti
gran copia, e non de l’agil piede
                         a volo vincere i venti!
Io vo’ da questa rupe erma cantare,
te fra le braccia avendo, e via lontano
calar vedendo l’agne bianche
                         al mare siciliano.


E il Sainte-Beuve gli assegna la palma su tutti gli altri idilli. «Stavo per dire che niente uguaglia la grazia del sesto idillio; ma Teocrito stesso l’ha sorpassata. L’ottavo idillio, fra i due fanciulli Dafni e Menalca, è forse il piú caratteristico del genere pastorale puro, il piú grazioso, il piú semplice ed innocente di tutti, posto com e ai confini della puerizia e dell adolescenza. Da nessuna ecloga esala come da questa la felicità