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218 | TEOCRITO |
III
PAN E PRIAPO APPOSTANO DAFNI CHE DORME
Dafni, tu dormi: sul suolo cosperso di foglie abbandoni
le stanche membra: al monte le reti or or tendesti.
Ed a spiare ti sta con Pane Priapo, che adorna
con l’ellera dai gialli corimbi il gaio volto.
Entrambi entrati sono nell’antro ad un punto: su, fuggi:
scuoti il sopor del sonno, che t’ha sorpreso, e fuggi.
IV
UN SIMULACRO DI PRIAPO
Se quelle querce e quel fosso tu giri, o capraro, una effigie
scolpita or or dal legno di fico troverai.
Non è sbucciata, orecchie non mostra, ha tre pie’; ma sbrigare
può di Cípride i riti col mascolino arnese.
Un sacrosanto recinto d’intorno qui gira; e una polla
giú dalle rupi sgorga perenne; e tutto in giro
fa verdeggiare allori, mortelle, e fragranti cipressi.
Si volge attorno, colma di grappoli, una vigna
coi suoi viticci; e i merli cinguettano, insiem con gli arguti
rosignoletti, i varii canti primaverili:
e i fulvi usignoletti rispondon coi fitti gorgheggi,
dalla bocca effondendo la lor voce di miele.
Fermati qui, la prece qui leva al vezzoso Priapo,
perché dal seno mio strappi l’amor di Dafni.
E avrà subito un negro capretto. Se invece rifiuta,
gli offrirò pel rifiuto triplice sacrificio.
Una giovenca offrirò, villoso un caprone, e un montone
cresciuto entro il recinto. M’oda benigno il Nume.