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XXVI PREFAZIONE


Ed ecco infine le erotiche. Sono scritte per diversi bagascioni che invano si vorrebbero credere immaginari. Comunque, è questo il frutto piú diretto e piú legittimo dei contatti di Teocrito coi sommi precettori trovati a Coo. E tutti converranno facilmente che è piuttosto agro e legnoso. Non mancano neanche qui rapidi ma deliziosi accenni campestri.

In tutta l’opera di Teocrito, suonano dunque molte e varie note: mitica, eroica, erudita, encomiastica, moraleggiante, erotica. Ma rimangono tutte un po’ in sordina, e nessuna si spiega in piena gloria. Spesso, suonano anche falso.

Due rimangono invece pure ed intatte dal principio alla fine, e ascendono ad altezze prodigiose: la mimica, e l’agreste: entrambe aderenti, lo vedemmo, a precise tradizioni patrie.

Rimane da cercare il timbro personale ond’egli riesce a portarle a vibrazione cosí alta.

I frammenti che ci rimangono di Sofrone, sono in verità troppo povera cosa, perché possano servir di base ad alcuna conclusione. Ma, a parte ogni impossibile giudizio comparativo, si vede chiaro che la materia mimica, la quale sembrerebbe, per propria indole, refrattaria ad eccessive squisitezze artistiche, giunge con Teocrito ad una perfezione, una limpidità cristallina, adamantina. Sicché egli riesce l’esponente culto, raffinatissimo, d’una facoltà che, come dicemmo, è fondamentale e sommamente caratteristica dello spirito siciliano.

Lo stesso si deve ripetere del sentimento agreste. Esso era nel vivo fondo dell’animo siculo. E forse dell’animo acheo. Le stratificazioni doriche, in Sicilia come in Grecia, poterono per un certo tempo soffocarlo o, per lo meno, incanalarlo nelle loro stilizzazioni perfette. Qua e là, nei poeti eolici, in Ibico, in Euri-