Pagina:Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu/226



I

E l’aratore allora, il vecchio custode dei bovi,
smise il lavoro che stava compiendo in quel punto, e gli disse:
«Quello che brami, a te, forestiere, dirò di buon grado:
ché d’Erme, ai peregrini patrono, pavento il castigo:
esso, dicono, piú d’ogni altro Celeste s’adira,
se viandante alcunché ti chiede, e tu opponi rifiuto.
Dunque, d’Augèa sovrano son queste le greggi villose;
né solo un pascolo tutte le accoglie, una sola contrada:
bensí, d’Elisso queste si muovono a pascer sui rivi,
altre d’Alfeo divino lunghessa la sacra corrente,
ed altre di Buprasio sui pascoli pingui, e qui altre.
E per ognuna sono costrutte distinte le stalle;
e per gli armenti dei buoi, sebbene il loro numero è immenso,
per tutti quanti, sono qui pascoli, sempre in rigoglio,
negli acquitrini grandi del Menio; ché i roridi prati
e le paludi basse, l’erbetta piú dolce del miele
nutron, che delle giovenche cornígere accresce la forza.
È questa, alla tua destra, la stalla dove hanno soggiorno.
di là dalla corrente del fiume, visibile a tutti,
dove quei platani vedi che sempre fioriscono, e grigio