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160 TEOCRITO

Facil per voi, fra queste sposar quale meglio vi piaccia;
ch’essere molti padri vorrebbero suoceri a prodi;
e voi distinti siete fra quanti pur vivono eroi,
e i vostri padri, e tutta, salendo, la stirpe paterna.
Amici, e dunque voi lasciate che giungano a mèta
le nostre nozze; e tutti per voi ci daremo pensiero. —
Cosí parlavo; e mai non ebbero grazia i miei detti;
ché li rapiva ai gorghi del mare una furia di venti.
Inesorabili sempre voi foste, e crudeli; ma ora
datemi retta; entrambi ci siete cugini patemi.
Se, poi, guerra il cuor vostro desidera proprio, e col sangue
lavar convien la lite fraterna, e spezzare le lance,
Ida e il fratello mio, Polluce dal braccio gagliardo,
tengano lungi le mani dall’urto di lotta odïoso;
e noi, che siamo d’anni piú giovani, io con Lincèo,
decideremo col ferro: cosí meno fiero il travaglio
dei genitori sarà: basti un morto per una famiglia;
e colmeranno gli altri il cuor degli amici di gioia,
ché non saranno defunti, ma sposi di queste fanciulle:
col minor danno conviene comporre le liti piú grandi».

Disse cosí; né il Dio dovea rendere vani quei detti.
I due ch’eran piú avanti con gli anni, dagli omeri a terra
giú deposero l’armi. E in mezzo si fece Lincèo,
che, fatto il primo giro, scotea dallo scudo la lancia;
e parimenti, dell’asta scoteva la cuspide somma
Càstore: sopra i cimieri le creste ondeggiavano a entrambi.
E primo l’uno l’altro tentò col travaglio dell’asta,
se un punto a caso ignudo paresse del corpo; ma prima
che nocumento alcuno recare potessero, frante
eran le punte, confitte restaron sui duri palvesi.
Dalle guaine allora le spade fuor trassero; e morte
l’un disegnava all’altro; né tregua era mai dalla pugna.