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A Sparta, dunque, un dí, pel re Menelao chioma bionda,
fanciulle, a cui le chiome cingeva fiorito giacinto,
balli intrecciavano e canti dinanzi al bel talamo pinto:
dodici, de le piú belle di Sparta, l’onor di Laconia,
quando il piú giovine figlio d’Atrèo vi condusse sua sposa
Elena, la piú cara tra i figli di Tíndaro. Tutte
ad un sol canto, dunque, volgevano i piedi, con fitti
giri alla danza: il canto d’Imène, empiea tutta la casa.
IMENEO
Dunque, a dormire, o sposo diletto, t’avvii cosí presto?
Forse le gambe ti fanno cilecca, o tu sei dormiglione?
Oppur troppo hai bevuto, che cosí ti butti sul letto?
Se tanta furia avevi, potevi dormirtela solo,
e la fanciulla lasciare, vicino alla madre sua cara,
con le fanciulle, sinché fosse alto il mattino, ai lor giuochi:
ché poi dimani, e sempre, sarà, d’anno in anno, tua sposa.