Ed una parte poi della terra Fenicia si taglia,
d’Arabia poi, di Siria, di Libia: e agli Etíopi negri
anche comanda, e stende l’impero sui Pànfili tutti,
sopra i Cilíci, maestri di lancia, e sui Lici e sui Càri
vaghi di guerra, e perfino su l’isole Cícladi: tanti
per lui battono il mare possenti vascelli: è la terra
soggetta, e il mare, e i fiumi sonori al gran re Tolomèo.
E cavalieri molti, pedoni che imbracciano scudi
molti per lui s’addensan, coperti di lucido bronzo.
E per dovizie, quanti re vivono, supera tutti:
le recan, dí per dí, d’ogni parte, alla casa opulenta.
Le genti, in santa pace attendono all’opra dei campi:
poiché nessun predone dal Nilo ferace di mostri
scese a portar l’assalto nemico agli estremi villaggi,
né sovra il lido alcuno balzò dalla cerula nave,
piombò con l’armi e il cuore nemico sui greggi d’Egitto:
tal su le vaste pianure distende l’impero un eroe,
il biondo Tolomèo, maestro a vibrare la lancia.
A cuor molto gli sta serbar le paterne ricchezze,
come a buon re conviene: ma molte ne acquista egli stesso.
Ma non che l’oro in casa gli giaccia disutile, come
delle formiche i beni, che solo conoscon l’entrata;
ché ne ricevono molto l’eccelse magioni dei Numi,
quando egli offre primizie frequenti, con altri presenti;
e molti anche largisce munifici doni ai sovrani,
e molti alle città, ai suoi prediletti compagni.
Né di Dïòniso fu ministro, che ai sacri certami
venuto, essendo sperto nell’arte dei cantici arguti,
a cui dell’arte sua non desse adeguato compenso.
E delle Muse i ministri inneggiano al re Tolomèo,
pei benefici suoi. Qual cosa piú utile all’uomo
beato, che lasciare fra gli uomini fama perenne?