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Quel tetto era una specie di giardino pensile così graziosamente il proprietario l’aveva adornato di leggiere e profumate pianticine di fiori!
Oh le belle sere estive da me trascorse seduta su quella finestra, mentre il sole sul tramonto incendiava le vicine alture di Fiesole e di Monte Morello! In quell’epoca leggevo febbrilmente i manzoniani, dal Grossi al Carcano, da Massimo d’Azeglio al Cantù ed avevo piena la fantasia di giovani belli e prodi come Lamberto e Ottorino Visconti e di eroine sventurate come Ildegonda e Selvaggia.
Una sera, dall’abbaino del tetto vidi far capolino una bruna testa ricciuta d’adolescente... Il cuore mi battè fitto fitto e abbassai gli occhi sul libro, aspettando... il mio destino. Alla testa successero le spalle il torace e il resto della persona...
Alzai gli occhi piano piano e scorsi un giovinotto in maniche di camicia, armato d’un annaffiatoio... che mi sorrise stupidamente mostrandomi un’abbagliante rastrelliera di denti bianchissimi.
Il sorriso, i denti e l’annaffiatoio mi fecero subito capire che non ci poteva esser nulla di comune fra lui e Ottorino Visconti.
Io sono andata spessissimo soggetta a simili delusioni. Che farci?
I personaggi della mia fantasia erano troppo riccamente vestiti perch’io avessi potuto accontentarmi d’un prosaico gilet o d’un tubino d’ultimo modello!
Qualche volta, ad ora tarda, mia sorella ed io andavamo a prender Drea, in bottega.
Oh come mi sentivo felice in quelle sere!
Nella bottega di mio cognato si davano convegno