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Ci volevamo tanto bene che un giorno, eccitate tutte e due da qualche gastigo inflittoci dalle rispettive famiglie, decidemmo di fuggire.

Dove saremmo andate, né con quali mezzi non sapevamo bene. Ma saremmo fuggite. Questo era l’essenziale. Inutile il dire che non se ne fece nulla e che il progetto andò a finire dove, in generale, vanno a finire tanti progetti delle persone grandi.

L’Istituto era maschile e femminile: ai maschi ci pensava il signor Giuseppe, aiutato in alcune ore del giorno, da un maestro d’inglese e da un maestro di disegno. Noi bambine stavamo con la signora Teresa che c’insegnava ogni lavoro muliebre, dalla rozza calzetta di cotone greggio ai più delicati lavori di fantasia. Nelle ore pomeridiane e precisamente quando i maschi erano occupati nell’inglese e nel disegno, le signorine destinate allo studio (molte non si spingevano più in là della lettura, scrittura e calcolo) passavano dal signor Giuseppe. Egli c’insegnava di tutto e con intendimenti affatto moderni. Seminava quasi che con 1a potenza delle sue attitudini pedagogiche egli precorresse i tempi. La storia patria, illustrata abilmente dalla geografia, gli elementi delle scienze naturali, formavano il tema di dilettevoli conversazioni durante le quali eravamo padrone di domandare tutti gli schiarimenti che credevamo necessarii.

C’insegnava anche il francese, l’aritmetica e la calligrafia propriamente detta: il mio «inglese» elegante lo debbo al signor Giuseppe. Ma dove il bravo maestro