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Francesco I e alla sua Corte cavalleresca, da cui non tardai molto a scendere in Italia e sulle mura di Firenze assediata appunto dagli Spagnuoli, capitanati dal bel principe d’Oranges...
E più tardi — a dodici anni appena — avevo già divorata la Marietta de’ Ricci dell’Ademollo, l’Assedio di Firenze del Guerrazzi e il Niccolò de’ Lapi del d’Azeglio, felice di trovar poetizzati uomini e avvenimenti che avevano già lasciato nella mia fantasia traccie incancellabili.
Sarei arrivata a ciò se mi ci avessero obbligata con un programma? È inutile: com’è nei balocchi e ne’ giuochi, così nelle idee: il fanciullo vuol lavorare, salire, discendere, riordinare, raggruppar da sè.
Il maestro non deve far altro che osservare; seguire, indirizzare, aiutare, deve sopratutto saper cogliere i momenti favorevoli.
Un altro potente eccitamento allo studio della storia (studio per modo di dire, poichè studiavo poco il libro di testo, leggevo molto, interrogavo moltissimo) fu la venuta dei Francesi in Italia nel 1859 e il matrimonio della Principessa Clotilde col Principe Girolamo Napoleone Bonaparte.
Come ricordo la sera di quell’arrivo! Ero addormentata nel mio lettino, quando fui riscossa da suoni marziali, canti patriottici e dalle grida: Vive l’Italie! Viva la Francia! Il babbo mi fece vestire in fretta e furia e mi condusse alla finestra per vedere sfilare le truppe alleate su cui tutti gettavano manciate di fiori e sigari. Era un delirio a cui mi associai presto anch’io urlando con la mia bella vocina di contralto: Vive la France! Vive les Français! il che mi procurò un diluvio di baci