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se è lecito argomentare dalla propria esperienza ciò che per altri può esser giovevole o nocivo, io non esito ad affermare che l’istruzione occasionale, specialmente pei bambini, è quella che reca frutti migliori.

Se il cervello umano si potesse paragonare a un armadio provvisto di numerosissime cassette destinate ad accoglier via via per ordine di grandezza, di qualità e d’importanza i capi di biancheria preparati dalla diligente massaia, non nego che gli attuali sistemi pedagogici non potessero avere un certo valore: e si popotrebbe continuare fino alla consumazione dei secoli ad insegnar la storia, la geografia, le scienze naturali e tante altre belle cose, così come s’insegnano oggi nelle nostre scuole; saggiamente distribuite, aggruppate e ordinate, secondo un dato criterio.

Ma la mente del fanciullo è cosa un po’ differente: nè può sempre piegarsi come la grande maggioranza dei pedagogisti crede, al giornaliero, metodico, obbligatorio assorbimento del programma scolastico. Si tenta, è vero, di seguire in questo programma il così detto metodo naturale: ma le intelligenze dei fanciulli non sono tutte modellate sullo stesso stampino; nè tutte intuiscono le stesse verità nello stesso modo, nella stessa forma e nel tempo medesimo. Chi rimane più presto colpito dall’esteriorità d’una cosa, chi dalle sue relazioni o rapporti con altre cose; chi dal fenomeno vuol risalire alla legge, chi dalla legge alle sue applicazioni. Chi ha l’ingegno analitico, chi sintetico; c’è il bambino che stronca il balocco o distrugge un meccanismo per verificare le ragioni della sua estetica e del suo moto: ce n’è un altro per cui le forme sparse e diffuse hanno già un organismo completo bastante al

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