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per far discender la luce sugli altari da quei finestroni così in alto, bisognava senza dubbio passar molte ore nelle chiese e raccomandarsi a Dio?
Lo studio di Odoardo Borrani mi fu per così dire l’anticamera dei veri templi dell’arte: perchè io non detti più pace nè a lui, nè ad Andrea Salomoni, nè ad altri amici di casa, finchè non mi conducevano alle gallerie e ai musei. E che grido di ammirazione alla vista di tante meraviglie! E che mute estasi, e che selvaggie taciturnità, e che lunghi raccoglimenti! Io, a quell’età, non potevo certo capir l’arte, nè apprezzarne gl’intendimenti, nè interrogarne il tecnicismo! Ma la sentivo: ma la mia era tutta una festa degli occhi e del cuore!
Una volta alla vista di un celebre quadro rappresentante San Girolamo moribondo, nell’atto di ricevere la comunione, detti in un dirotto pianto e cominciai a buttar baci disperati al santo vecchino i cui sguardi mi avevano ricercato le più intime fibre dell’anima!
Un pittore, uno scultore, un romanziere mi sembravano persone al disopra dell’umanità: e, piccina così, provai delle passioni intense e gelose per il Borrani, l’Ussi, e per il povero Gabriele Castagnola, altro nobile e delicato temperamento d’artista a cui, davvero, non furono propizi nè gli uomini nè il destino...
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La signora Polda! Che onda di tenerezza mi assale al ricordo della cara vecchiarella che fu per me una seconda madre, una specie di nonna amorosa a cui nulla riesciva più dolce di ricoprire o scusare le marachelle della nipotina!