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E così, piano piano, con un lento lavorìo d’assimilazione sussidiato dall’opera potente della fantasia, si profilavano, per poi disegnarsi spiccatamente nel mio pensiero, figure di donne infelici, chiuse in ferree prigioni, ville misteriose popolate di spettri, chiesine poetiche piene di frescura e di profumi, scrittori e poeti vaganti per le pittoresche terre d’Italia in cerca d’ispirazioni pei loro meravigliosi racconti!
E così, a sei anni, io possedevo già in me, certo molto incoscientemente, i materiali di molti fra i miei futuri libri.
In quasi tutti c’è qualche buona e alta figura di sacerdote cristiano, un angolo fiorito di Montemurlo, un alito di quella fresca poesia campestre che deliziò i miei primissimi anni giovanili.
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A Montemurlo conobbi la Stella Pacetti, una buona e semplice figura femminile su cui dovrò tornare nel corso di queste pagine. Anch’essa, come artisticamente presentata da Don Gaetano! E in qual delizioso sfondo di luce e di verde, intraveduta la prima volta!
E anche la Stella, la povera Stella, buona e semplice maestra rurale, dormente l’ultimo sonno nel piccolo cimitero di Montemurlo, sotto quante spoglie rivive nelle mie prose migliori!
A me bastava, fin da piccina, un fiorellino qualsiasi, un antico muraglione corroso dal tempo, un trillo di rondini, un effetto di luce, un pallido volto di donna,