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— Su via, Iduccia, sii ragionevole; perchè vuoi bene a Caino?

— Perchè, — risposi — perchè Caino era brutto, solo, disgraziato! Io — aggiunsi con veemenza, ripensando alla leggiadra e cara bambina di cui ero gelosa, — io non amo la gente bella, buona, tutta garbo e grazia! Voglio bene alla gente cattiva, io!

E nascosi la faccia tra le mani, dando in un dirotto pianto.

La mia risposta parve così straordinariamente malvagia che nessuna delle mie compagne volle, per quel giorno, fare il chiasso con me; e la sora Gegia, scandalizzata, scrisse una lunga lettera alla mamma. Pareva quasi che il «suo» Abele, glielo avessi ammazzato io!

Che dirvi della profonda impressione lasciatami dagli spaventosi racconti di Core, Natan ed Aberon? Di quell’Jeu che buttava le persone dalla finestra, come se fossero stati torsoli di mela? Della sciagurata Gezabele mangiata dai cani?

La mia Storia sacra era adorna di quelle solite incisioni, nelle quali, lì per lì, non è facile distinguere la faccia degli uomini da quelle delle bestie, e le fiamme divoratrici da un cesto d’insalata romana. Eppure quelle incisioni mi tenevano inchiodata al tavolino per lunghe e lunghe ore; eppure io le vedevo sempre, anche in sogno!

Oh i Padri Eterni dalle lunghe barbe spaventose! Oh i poveri Maccabei la cui testa faceva appena capolino