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di centro oscurissimi, la vigilanza interna esercitata da un piccolissimo numero di guardie comunali.

Il suo maggiore Istituto di istruzione è povero. Lo Stato non gli concede che poco. Le cliniche sono sprovviste, i laboratori miseri, le biblioteche pressoché vuote. Il commercio è appena vivificato dall’annuale invasione di forestieri chee restaurano le nostre esangui finanze coi loro marchi, i loro dollari e le loro sterline, né rivela mai l’audacia della concorrenza e l’impronta dell’originalità. Siamo artisti, grandi artisti, solamente artisti.

Non abbiamo che una sola ricchezza: il gusto.

Ora, per questa freddezza congenita della nostra popolazione, per questa indifferenza ai miglioramenti di qualunque genere, per questo vieto paolottismo che s’è ormai radicato nelle ossa dei buoni fiorentini, per questa mancanza di idee, di spirito, di fatti, di generosità, di attività, Firenze non ha giornalismo. Ed ecco perchè l’Associazione della stampa toscana, che non aveva ragione d’essere, rimase sempre un grazioso e simpatico circolo ricreativo e nulla più.

E come circolo ricreativo non mancò al suo scopo. Le feste più belle e più simpatiche furono organizzate dall’Associazione della stampa.

Al teatro Pagliano convennero, in una sera memorabile le più note individualità artistiche d’Italia, quali Roberto Striglio, Gemma Bellincioni, l’arpista Lorenzi, il baritono Battistini, Ermete Novelli.

Il teatro era gremito e all’ultim’ora si offrivano per i posti distinti prezzi elevatissimi. L’Associazione