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bontà conosce tutte le elevazioni e della gentilezza tutti i segreti: Sofia Jacometti Ciofi. Me la ricordo ancora, quasi interamente nascosta dietro uno dei grandi arbusti verdi che ornavano il palcoscenico del Politeama. Poche ore prima della conferenza mi aveva mandato in dono un grazioso gioiello, scrivendomi presso a poco così: «Vorrei mentr’ella parla, tenerla per la mano; e la mia stretta le direbbe tante cose; ma siccome questo non è possibile, così affido l’incarico a questo braccialettino d’oro, che vorrà in quell’ora stringerle il polso».

O deliziosa figurina settecentistica, bionda signora che dei tempi scomparsi fai rivivere la bellezza e la cortesia, quante dolci ore, dopo quell’anno, ho trascorso con te!

Di lì a pochi mesi il Ministero della pubblica istruzione mi inviava il doppio diploma di lettere italiane e di pedagogia per l’abilitazione all’insegnamento di queste due discipline nelle scuole secondarie; ma come il Giusti (salvando la debita differenza) non adoperò mai la sua laurea in pergamena e del suo titolo accademico non menò vanto, così anche l’umile autrice di questo libro richiuse i due diplomi in una cassetta e li lasciò stare. E siccome l’abitudine — lo sanno ormai anche i famosissimi boccali di Montelupo — è una seconda natura, e non si rinunzia così facilmente alle emozioni e alle lotte del giornalismo, così non volli accettare nemmeno un altro onorifico incarico: la direzione delle Scuole Normali di Savona, che mi venne