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menti, ai concerti accorse pochissima gente; la sala delle conferenze rimase spesso pressochè deserta. L’ultima fu la mia.

Ricordo con viva commozione quel giorno. Il mio breve discorso sulle «maestre e le educatrici»1 era stato pensato e scritto in sette ore, nè occupava per estensione più di un foglio di stampa in sedicesimo.

  1. Ne riporto qui alcuni brani:
    «Comincio subito col chiedervi perdono, col mettermi tutta — come si suol dire — nelle vostre braccia. E il perchè, eccolo qui, netto e spiccio.
    Le illustri colleghe che mi hanno preceduta in questa.... chiamiamola così, gara conferitiva, vi hanno procurato molte dolci ore. Vi hanno fatto rivivere il fortunoso trecento, con la grandezza dei suoi ricordi, con la poesia delle sue costumanze; e una longa schiera di poeti, di novellatori e di dame cortesi è sfilata leggiadramente sotto i vostri occhi pensosi: vi hanno scòrte tra il fervore dei tornei, quando i cavalieri, — oh gran bontà dei cavalieri antiqui! — non chiedevano alla loro dama che un garbato sorriso o una fascia di seta da tenersi sul cuore: sempre in grazia di quelle gentili siete penetrate, dalla reggia di Teodolinda, al grande salotto luminoso, ingombro di carte, di libri e di ricami, ove s’aggira quella squisita figura dì donna e di regina che è Margherita di Savoia; siete state richiamate ai tempi gloriosi in cui le fragili donne, infiammate di sublime carità, correvano volenterose agli spaldi minacciati, pronte alla difesa, pronte all’offesa; e pronte anche, ohimè! a sacrificare sull’altare della dolcissima patria il sangue dei figliuoli, dei figliuoli, pei quali le madri temono troppo fredda l’acqua del battesimo, troppo ruvido il soave pannolino che ne fascia, per la prima volta, le piccole membra delicate.
    Poi, a sollevarvi dalle sublimi ma dolorose visioni, una gentil fanciulla napoletana vi narrò di sante creature, ohe, pur sentendosi strette alla terra dai vincoli della famiglia, dell’amicizia e della carità cittadina, vissero pel cielo, in una dolcissima ma non sterile estasi. E la grande figura di Caterina da Siena campeggiò luminosa nel vostro pen-