Pagina:Ida Baccini, La mia vita ricordi autobiografici.djvu/257

249


volentieri, fiera della mia stessa umiltà! Ecco un carattere a cui la ormai celebre apatìa fiorentina deve render giustizia!

Dopo esser passato, sereno, incrollabile, in mezzo a un insistente, maligno, quasi spudorato incalzarsi di canzonature, d’ironie e di pettegolezzi, è giunto al giorno solenne e ha potuto dire alla folla enorme che si accalcava giovedì alle porte dell’esposizione: — Entrate, io ho attenuta la mia promessa: l’ho attenuta con la mia energia, con i miei denari, col mio amore. Da me all’ultimo operaio non ci siamo mai persi di coraggio, non abbiamo avuto un solo momento di incertezza ed abbiamo vinto.

Egli ha vinto. E cantano la vittoria dell’illustre uomo i tesori d’arte, di pazienza e di gentilezza profusi nell’immenso anfiteatro, leggiermente trasformato nella Firenze medioevale; in quella Firenze poetica che a poco a poco va scomparendo; che non vivrà ormai se non nelle vecchie pitture e ne’ sogni de’ poeti. Loggie merlate, severi palagi, strade tortuose, balconi ornati di tappeti multicolori, il Battistero vetusto sul conto del quale si moltiplicarono tante e disparate notizie d’eruditi, tutto ci dà l’illusione di quei forti tempi ne’ quali si mandavano a compimento opere immortali. E a render più viva questa illusione concorre la fila circolare dei palchi trasformati in antiche botteghe fiorentine, dove belle e gentili fanciulle vendono dolci, ceramiche, miniature, oggettini di toelette, bambole, trine ed altre cose graziose».

Ma l’esposizione Beatrice che era costata tanti sforzi di volontà e tanto sacrifizio di denari al conte De Gubernatis, doveva completamente fallire. Ai tratteni-