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per così dire aumentata l’ampiezza, la bontà naturale dell’animo, la larga condiscendenza e pietà per tutte le sventure umane, la nessuna acredine del suo spirito che superiore ormai a qualunque gretteria, o pettegolezzo e piccineria della vita, spazia negli orizzonti sereni della Bellezza e del Bene.

Da qualche tempo, Manfredo è uno de’ principali redattori della mia Cordelia e a lui e alla sua avvedutezza molto volentieri mi affido. Questo giovane di ventiquattr’anni che ha cominciato come molti si augurerebbero di finire, oltre agli articoli e alle novelle originali che formerebbero, come formeranno certo, due grossi volumi ha già sulla sua coscienza di... scrittore quattro volumi di traduzioni e un romanzetto alla Verne, pubblicato dal Sandron che gli procurarono i primi, modesti guadagni. Ma egli, che è di buon gusto, e sa qual valore attribuire a certi lavori della primissima gioventù, non parla mai di «certa roba» o se è costretto a parlarne, ne dice poche parole, biasimandoli e deridendoli col suo spirito caustico e fine.

Dolce e buon figliuolo! Io t’auguro, Manfredo mio, ogni fortuna migliore, e sarò lieta che l’opera dell’ingegno procuri agiatezza alla tua casa e gloria al tuo nome, ma il mio più vivo e ardente desiderio è quello che tu rimanga sempre — attraverso le crude lotte della vita, attraverso tutte le infamie del destino e degli uomini — puro, libero, forte, generoso e sdegnoso come oggi tu sei!