ebbe buon esito. Strinsi relazioni di amicizia con la buona e cara Emma Perodi, Peppino Turco, l’Avanzini, Clemente Levi, e Vico Mantegazza, il futuro direttore della fiorentina Nazione. A proposito della Duse debbo qui raccontare un aneddoto che fa molto onore alla finezza e alla cortesia del Checchi, e che rivela, sempre di più, la strana originalità del suo carattere. L’illustre attrice gli rappresentava in quei giorni al teatro «Costanzi» una sua commedia: Il piccolo Haydn. Fissammo di andare alla prima rappresentazione insieme con la Serao; ma proprio quella sera la mia egregia amica Matilde non si faceva vedere all’ora indicata. Il Checchi era da me: passano le otto; le otto e un quarto, le otto e mezzo, le otto e tre quarti; e la Serao non veniva. Io mi immaginavo quale dovesse essere lo stato d’animo di un autore drammatico, a cui un’attrice come la Duse rappresentava per la prima volta un lavoro e credendo di indovinare il suo desiderio, gli proposi di correre al «Costanzi»: io avrei aspettato la Serao, e sarei venuta dopo al teatro con lei. Il Checchi senza turbarsi, mi rispose: — Ma le pare! ho promesso alla Serao di aspettarla e l’aspetterò. Non sono tanto ingenuo nè tanto giovane da sacrificare al mio sentimento di amor proprio un dovere di cortesia. Non m’importa nulla nè del Piccolo Haydn, nè dei battimani. — E infatti aspettò, con calma, fino alle nove e mezzo, l’arrivo della Serao; dopo ci recammo insieme al «Costanzi», e l’annunzio del trionfo non lo commosse molto di più di quel che lo avrebbero turbato i fischi in caso di insuccesso.