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Timida di fronte a me? Ida, voi siete forte, abbiatene la coscienza, e diventerete fortissima. In amore vince la debolezza; nell’arte, il coraggio.

«Matilde».


Giunta a questo punto della mia carriera giornalistica e letteraria, Enrico Nencioni mi procurò una nuova preziosa conoscenza, la conoscenza di Eugenio Checchi, che aveva letto alcune cose mie, e di cui io avevo letto due racconti assai belli, pubblicati nel Fanfulla della domenica: «Lo sposino» e la «vecchia amica». Allora il Checchi stava a Firenze, e non faceva professione aperta di giornalista, interessandosi ad occupazioni d’altro genere. Ma siccome contro la propria ispirazione e le proprie tendenze non si può andar quasi mai, egli, tra un affare e un altro, scriveva, e scriveva da maestro. Quando lo conobbi, stava d’ufficio in Via degli Alfani, nella casa modesta dov’è oggi la «filiale» fiorentina della ditta di Francesco Vallardi; e la nostra amicizia si strinse con molta facilità. Era allora il Checchi un uomo molto originale, un carattere un po’ chiuso e beffardo, un amabile scettico della vita, un critico fine ed elegante che sapeva mirabilmente sostenere i più arditi paradossi. Il suo notevole ingegno artistico, la vivace purezza e proprietà del suo bel parlare toscano, il fine umorismo, della sua forma, e la spiccata originalità del suo pensiero avrebbero potuto dargli una riputazione altissima di letterato e di romanziere, se le fatiche incessanti del giornalismo politico e la necessità di un lavoro... sicuro non avessero obbligato la sua anima desiderosa di volo a rimanere vincolato nelle pastoie di occupa-