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biltà del loro animo e la reciprocità del loro affetto e della loro stima. Così, nel corso della mia vita, ho avuto la fortuna di fomentare altri affetti, di conciliare qualche volta sentimenti e opinioni in apparenza contrarii; la naturale affettuosità del mio carattere e dei miei modi ha inspirato generalmente una confidenza ch’io sono orgogliosa di meritare.

E anche oggi, nel più profondo dell’anima mia, tengo nascoste rivelazioni e segreti che non mi usciranno mai dalle labbra, quantunque molti di quei «confidenti» e di quegli «amici» a cui la fortuna ha arriso con troppo benigno splendore m’abbiano troppo scioccamente e troppo malvagiamente voltato le spalle.


Io non ero stretta al Martini da nessun contratto; e l’Avanzini dal vecchio Fanfulla, s’appellava alla mia fedeltà. La mia posizione essendo eccessivamente difficile, rallentai gradatamente la collaborazione ai due periodici, fino a smetterla affatto. E fu bene per tutti: forse anche per i miei lettori.

Uno degli ultimi miei bozzetti che inviai al Fanfulla intitolato «Pace» oltre all’entusiasmo del Martini e del Nencioni, provocò questa lettera caratteristica della Serao :

«Carissima Ida,

Debbo scrivervi per dirvi che il vostro bozzetto «Pace» è stupendo, qualche cosa che mi ha commosso, che mi ha fatto piangere. Com’è tragico, sobrio, umano, un bozzetto senz’amore, elemento finora rite-