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e collaboratore più che altro alla Domenica Letteraria,
Lei è la prima a saperlo. Potevo non seguire il Martini, ma dirigere il giornale suo antagonista, e settimanalmente essere in gara con lui ... non è nel mio carattere. E poi io sono amico del Martini da 30 anni. Sono contento di me e di aver fatto così. Per ora non ne parli; ma mi scriva subito. Ah, so che morirò povero, ma voglio sempre obbedire all’istinto del cuore... a qualunque costo.
Enrico.
P. S. Al Dazzi dica subito tutto quando lo vede. Gli legga pure questa. Ma poi silenzio con tutti.»
Un particolare da non trascurarsi: la lettera da cui ho stralciato questi pochi periodi porta l’intestazione del Fanfulla, che il Nencioni, date le sue nuove relazioni di amicizia col Martini, credè bene di cancellare con un energico tratto di matita azzurra.
A questa conciliazione fra Ferdinando Martini e il povero Enrico Nencioni credo di non essere stata del tutto estranea. Al Martini avevo scritto lungamente, ed egli mi aveva risposto con lettere più lunghe che mai: gli era dispiaciuto moltissimo che il Nencioni lo avesse lasciato; ma non gli nutriva rancore per questo, anzi si vedeva chiaramente che non aspettava altro che la prima occasione per rimpaciarsi. L’occasione venne ed egli ne approfittò subito. Due cuori e due intelletti come quelli non potevano stare per molto tempo lontani l’uno dall’altro; era fatale che dovessero avvicinarsi. Come ho già detto io non pretendo davvero di essere stata la causa del loro riavvicinamento. Sarebbe troppa superbia; ma son lieta che le loro confidenze mi abbiano dato modo di apprezzare la no-