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XXV.

Tra Milano e Roma.

Nella lettera della Serao che ho pubblicata in queste pagine si accenna — fin dalle prime righe — ad una mia gita a Milano, nel 1881.

Vi andai, infatti, per visitare la magnifica esposizione, e per stringer nuovi rapporti con editori. Per uno di essi, per il povero Enrico Trevisini — a cui mi aveva presentato il Dazzi, — avevo già scritto un volume intitolato „Lezioni e racconti”. Nutrivo, vivissimo, il desiderio di conoscerlo personalmente e gli scrissi, pochi giorni prima della sua partenza da Firenze per prevenirlo del mio arrivo.

Il caro amico mi rispose immediatamente dicendomi che mi avrebbe aspettato alla stazione, e indicandomi un contrassegno perchè avessi potuto facilmente riconoscerlo.

Quantunque non più giovanissima, io mi misi in viaggio con febbrile ansietà, come accade a tutti coloro che da casa si muovono raramente, o per occasioni straordinarie. Milano esercitava un fascino speciale nella mia fantasia; era anche vent’anni sono la città magnifica, ospitale, ricca, eccelsa — come mi scrisse più tardi la mia amica Serao — anche allora, nell’81, aveva il primato sulle altre città d’Italia per la sua fisonomia calda e simpatica, per la supre-