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riesce facile ammettere che lo spirito di una persona si manifesti per gli scritti, per le idee, e questa manifestazione torni più o meno piacevole a chi l’avverte e la nota».
Io mandavo al Bersezio, man mano, tutti i lavori che andavo pubblicando, e quei lavori gli piacevano singolarmente per l’eleganza dello stile e per la purezza della lingua. Anzi egli mi scriveva nel febbraio dell’anno 1881:
«Io ho varii contratti con autori drammatici forestieri (principale il Sardou) per la traduzione e lo sfruttamento delle opere loro in Italia. Queste traduzioni le faccio in parte io stesso, in parte le commetto a giovinotti che hanno bisogno di guadagnar qualche cosa e mi si vengono a raccomandare: ma cosiffatte che lasciano a desiderare dal lato dell’eleganza e soprattutto della fluidità della lingua parlata. Ora siccome io non ho ancora incontrato chi mi sembrasse scriver meglio di voi con garbo toscano, senza le affettazioni e gli idiotismi che altri va cercando, io vorrei domandarvi se voi sareste disposta in avvenire a rivedere e correggere quelle traduzioni e arricchirle di quei gentili e vivaci modi che sono proprii della favella toscana e del vostro simpatico stile. Non fa bisogno ch’io vi dica che al compenso meritato per questa ingrata fatica, io aggiungerò la più viva riconoscenza».
E nel marzo dell’82:
«Vi ho fatto cenno già più di una volta, mi pare, d’un aiuto, di un servizio che avevo in animo di chiedere a voi. Eccomi ora a dirvi di che si tratta. È una vera collaborazione che invoco da voi, se avrete il tempo e la pazienza di concedermela. Io ho divisato di