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m’abbia letto! E dobbiamo leggerne molti, dei famosi bozzetti, tra il povero Nencioni ed io, sa?

Il nome dell’amico così gentilmente evocato, quel terzo spirituale interlocutore messo fra noi servì a riscaldar la conversazione, a togliere a tutt’e due ogni più lieve ombra d’imbarazzo.

Parlammo a lungo di cose e persone note: dell’avvenire brillante a cui pareva destinato il Fanfulla della Domenica e del guadagno che avrei potuto ricavarci.

— Ella — concluse il Martini accomiatandosi — potrà mandare otto novelle l’anno, far delle recensioni e — se non le spiace — delle «Bricciche» spigolando nel grande campo dell’attualità!... — Non so — aggiunse evitando di guardarmi — se le condizioni le converranno: Quaranta lire ogni novella e un tanto il rigo per le altre cose.

Ringraziai, rossa, commossa, felice e quando mi rimisi a edificar case col mio Manfredino, pensavo che col tempo, col lavoro assicurato, con una saggia economia, avrei finito col fabbricarmi davvero una casina modesta in mezzo a qualche bell’orto fiorito!

Oh come raramente si avverano certi sogni! Il tempo è passato, ho lavorato sempre, non ho mai fatto sciali e... la vagheggiata casetta è ancora di là da venire.