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per articoli di due colonne, compensi che oscillavano fra le trenta e le cinquanta lire. Il giornale aveva numerosissimi abbonati, che si mantennero fedeli finché il Martini non lasciò il Fanfulla, e per questo il periodico ebbe larga tiratura anche quando a Roma e in provincia la vendita fu diminuita. Editore proprietario era in quel tempo l'Oblieght, che per dir la verità non ebbe mai il granchio al borsellino. Quando il Martini lasciò il Fanfulla (a cui guadagnava in media diecimila franchi l’anno) l’Oblieght ne offrì la direzione a Giosuè Carducci, con un onorario di dodici mila lire e l'impegno di pagarglo 75 centesimi al rigo per qualunque cosa scrivesse. Il Carducci rifiutò perchè impegnato con un contratto con Ferdinando Martini in cui gli prometteva di collaborare frequentemente alla Domenica letteraria, ma i denari c’erano. C’erano tanto, che il povero Enrico Nencioni guadagnava al Fanfulla fra stipendio e collaborazione seicento franchi al mese, vale a dire l’onorario mensile d’un direttore di giornale quotidiano dei tempi d’oggi.
Gli altri giornali — togliendo di mezzo il Fanfulla — han sempre pagato poco o punto. Il fondare e mandare innanzi un giornale in Italia, non è una semplice speculazione finanziaria che può avere un esito favorevole o sfavorevole; è una lotta di tutti i giorni, di tutti i momenti. Per affermarsi, bisogna conoscer bene il pubblico. E il pubblico, nel nostro paese, è diffidente, scettico, pauroso sempre d’imbrogli e d’intrigo: loda con difficoltà le cose belle, ma, anche lodandole, non le accetta entusiasticamente; ma si studia d’indagare, col suo finissimo intuito, perchè sieno a quel modo. Si aggiunga poi che nel nostro paese la lettura non è