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propormi di modificare il lavoro, secondo le sue viste ed i suoi intendimenti, senza di che non mi avrebbe pagato. La lettera era un capolavoro di sciocchezza; io — con la mia pacifica filosofia — mi misi a ridere e gli scrissi queste tre parole: «Rimandatemi il manoscritto». L’editore me lo rimandò con una lettera melliflua, che buttai in un angolo. Avrei potuto muovergli una causa, far del chiasso e vincerla. Rimasi ferma, pensando fra me: forse le jeu ne vaut pas la chandelle. Se io abbia fatto bene o male non lo so; giudichino un po’ gli altri.

Debbo interrompere per un momento le mie lamentazioni e parlare di un giornale... splendido come contenuto e come... larghezza retributiva: il Fanfulla della Domenica che tenne, dall’ottanta all’ottantacinque lo scettro su tutti i periodici italiani della penisola; forse perchè la troppa concorrenza non gli dava noia, forse — ed è questa la ragione più probabile — perchè era diretto con amore e «scienza» da quel principe del giornalismo che fu Ferdinando Martini, e redatto dai più illustri scrittori d’Italia, come il Carducci, il Nencioni, la Serao, l’Emma Perodi1 il Panzacchi, Ruggiero Bonghi, Luigi Capuana, e molti altri. Unico forse fra tutti i periodici e giornali quotidiani della penisola, pagava bene: a me il Martini offrì subito


  1. Cara, gentile e valorosa donna a cui, come a me non hanno arriso i destini e che, in fatto di libri, è stata un po’ vittima della propria ingenuità commerciale.