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XXIII.
I miei rapporti con gli editori.
(1875-1902).
Ho già detto che le condizioni di cultura e di morale del mio paese verso il 1875 eran tali che il lavoro letterario ed artistico in una donna, più che permesso, era quasi sopportato. Fu soltanto la viva disposizione e la mia fermissima volontà che riuscirono a vincere gli ostacoli che si frapponevano al mio fatale andare.
Quando cominciai a scrivere e più che altro ad aver l’idea di trarre il sostentamento dalla penna, quasi tutti i conoscenti e gli amici mi dissuasero dal seguitare, esortandomi a conservare il «fisso» — un fisso molto mediocre, anzi molto meschino — che mi tributavano le finanze del Comune. Da principio anche il prof. Dazzi pensò di persuadermi a non ingolfarmi in certe relazioni editoriali che non erano per me e a conservare il mio umile posto di maestra elementare. Non gli detti retta e della disobbedienza non mi trovo male. Dal 75 in qua ho sempre scritto, scrivo, e mi auguro ancora di seguitare a scrivere. Il lettore non creda la mia attività soltanto vivo desiderio di apostolato; come tutti avrei gradito, dopo molti anni di lavoro, un posto nell’insegnamento superiore che mi assicurasse la vita; e più di una volta feci capire al Ministro della pubblica istruzione — per mezzo di alcuni amici — che