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di baci. Oggi, simili manifestazioni di tenerezza rasenterebbero il sentimentalismo morboso; giacchè non v’è impiegato alle ferrovie o droghiere in riposo che non vanti qualche salottino turco o qualche tappeto persiano; ma allora la Turchia e la Persia si conoscevano a mala pena sulla carta geografica; anzi si può dir che esistessero solamente nei nostri sogni.

Quando la vita cominciava a sorridermi nel fulgore delle sue speranze più rosee, la povera mia mamma morì; morì di una forma acuta di bronco-polmonite, in una malinconica sera di novembre, che ricordo sempre con infinito dolore. A Lei, e a tutti i suoi ricordi e a tutta la sua anima che m’aleggia ancora intorno mentre scrivo, inspirai per molti anni l’ininterrotta opera mia; e starei per dire che ogni mia parola, in quel tempo, fu dettata da Lei.

Alla memoria adorata della mia santa mamma dedicai fin da quel giorno, ogni più nobile sforzo dello spirito e del pensiero, e anch’oggi, d’ogni mio nuovo lavoro metto la prima copia sotto il suo ritratto, perchè ella dallo sfondo aureo della cornice gli sorrida e lo benedica; anch’oggi parlando di Lei, mi si inumidiscono gli occhi di lacrime cocenti.

Quasi interamente consacrato alla sua memoria è il libro dei Miei racconti, edito dai Fratelli Paggi. Scritto poco tempo dopo la sua morte, è il più vibrante e il più lirico; di un lirismo che ha forse nella sua manifestazione qualche cosa di troppo giovenilmente frondoso, ma di cui ho voluto che fosse sempre e scrupolosamente — nelle molte edizioni — conservato il carattere. Ed anche nell’ultima, uscita pochi mesi sono, non volli aggiunger sillaba, nè toccar periodo, quasi timo-