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— Bisognerebbe poter conciliar le due cose — osservai timidamente, ma con la mia solita franchezza che non dispiacque al Vannucci.

— Che dice dell’insegnamento? — mi domandò.

Feci un po’ di boccuccia. Adoravo i bambini, ma all’insegnamento elementare non ci avevo pensato fino allora, quantunque da qualche tempo io dessi dei consigli in proposito alla Stella Pacetti, che, come ho detto, si trovava da qualche tempo a Firenze in casa mia.

— Se non c’è altro.... — risposi.

— Alla scuola normale si studia assai bene — riprese il Vannucci. — C’è la signora Marianna Giarré-Billi che insegna squisitamente l’italiano.

Al nome della chiara Donna, onore della scuola e delle lettere italiane, il mio viso dovè illuminarsi tutto, poichè il Vannucci mi domandò:

— La conosce?

— Di fama soltanto e per aver letto i suoi dolci versi. Quanto mi piacerebbe di conoscerla personalmente, di chiedere anche a lei consiglio ed aiuto!

Il signor Atto mi fece subito un bigliettino di presentazione per la signora Marianna e mi pregò di tornar presto da lui.

— Le darò dei libri, mi disse sorridendo, e chiacchiereremo un po’ insieme.

Non è a dire se il babbo ed io uscissimo contenti da quella visita. Scendendo le scale, domandai a mio padre se quella bella casa di via dell’Orivolo appartenesse al Vannucci.