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LXIX
Arbore de ierarchia simile a l’angelica:
fondata sopra la fede, speranza e caritate
Fede, spene e caritade — gli tre ciel voi figurare:
gli tre ciel e l’arbor pare — si t’ensegno de trovare.
Ad onom chegio perdono — s’io parlo natoscono,
4 ch’io lo dico per alcono — e non per me de poco affare.
O tu, om, che stai en terra — e se’creato a vita eterna,
vedi l’arbor che t’ensegna: — or non temer; briga d’andare.
A nove angeli poni cura, — l’un de l’altro piú en altura
8 molto è nobil tua natura, — tutti li pòi paregiare.
Lo primo arbor ch’è fondato, — nella fede è radicato:
passa lo cielo stellato — e giogne fin allo sperare.
El primo rametei, ch’è pento — de l’offeso pentimento:
12’Sia confesso e ben contento — de non voler piú peccare’,
Poi el secondo me mandòne — a ffar la satisfazione
d’onne mia offensione — fin a Roma, com’appare.
E lo terzo si me disse — che de Cristo si entendisse,
ió povero fusse, s’io volisse: — allor me vòlsi spogliare.
Om che giogne a tal stato, — si se tiene per salvato,
ché ’l primo angel ha trovato; — briga de perseverare.
Poi al quarto me tiròne: — miseme en religione,
20penitenza m’ensignòne — e de lo ’nferno guardare.
Tosto el quinto si me disse — ch’en tal ramo piú non stesse,
ma a l’orazion me desse, — se volea casto stare.
Da lo sesto fui tirato — e de tacer amaestrato,
24obedir al mio prelato — meglio che sacrificare.
Chi en tale stato si trova, — con gli arcangeli demora:
benedetto el di e l’ora — che Dio el vòlse creare.
Nello settimo fui tirato, — d’uno ramo desprezato:
25fui battuto e descacciato; — ben me fu grave a portare.
Poi l’ottavo me tentóne: — fomme fatto grand’onore
per la gran devozione — lá tratti faceva andare.
