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Queste quattro spogliature — piú che le prime so dure;
se le dico, par errure — a chi non ha capacitate.
De lo ’nferno non temere — e del ciel spem non avere,
33e de nullo ben gaudere — e non doler d’aversitate.
La virtú non è perchene, — ca ’l perchene è for de téne:
sempre encognito te tène — a curar tua enfermitate.
Se son nude le virtute — e le vizia son vestute,
37mortale se don ferute, — caggio en terra vulnerate.
Puoi le vizia son morte, — le virtute son resorte
confortate da la corte — d’onne empassibilitate.
Lo terzo ciel è de piú altura, — non ha termen né mesura:
41fuor de la magenatura — fantasie mortificate.
Da onne ben si t’ha spogliato — e de virtute spropriato,
tesaurizi el tuo mercato — en tua propria vilitate.
Questo cielo è fabricato, — en un nihil è fondato,
45o’ l’amor purificato — vive nella veritate.
Ciò che te pare non è, — tanto è alto quello che è:
la superbia en cielo s’è — e dannase l’umilitate.
Entra la vertute e l’atto — molti ci ode al ioco «matto»:
49tal se pensa aver buon patto — che sta en terra alienate.
Questo cielo ha nome none, — moza lengua entenzione,
o’ l’amor sta en pregione — en quelle luce ottenebrate.
Omne luce è tenebria, — ed omne tenebre c’ è dia:
53la nova filosofia — gii utri vechi ha dissipate.
Lá’ve Cristo è ensetato, — tutto lo vechio n’è mozato,
l’un ne l’altro trasformato — en mirabile unitate.
Vive amor senza affetto — e saper senza entelletto,
57lo voler de Dio eletto — a far la sua volontate.
Viver io e non io, — e l’esser mio non esser mio,
questo è un tal trasversio, — che non so diffinitate.
Povertate è nulla avere — e nulla cosa poi volere,
ed omne cosa possedere — en spirito de libertate. 6i