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— Da lo ’nferno recastela — questa veste penosa;
tesseala ’l diavolo — de pili de spinosa;
omne pelo parerne — una vespa orgogliosa;
34nulla ce trovo posa, — tanto dura me pare. —
— Ecco lo letto: posate, — iace en esto gratizo;
lo capezal aguardace — ch’è un poco de paglizo:
lo mantellino cuoprite, — adusate col miccio;
38questo te sia deliccio — a quel che te voglio fare! —
— Guardate a letto morbedo — d’esta penna spiumato!
pietre rotonde vegioce — che venner dal fossato;
da qual parte volgome, — rompome el costato:
42tutto son conquassato, — non ce posso posare. —
— Corpo, surge, lèvate! — ché suona matutino;
leva su, sonòcchiate — en officio divino;
legge nuove empónote — perfine a lo maitino;
46emprende esto camino — che sempre t’è opo fare. —
— Como surgo, levomi, — che non aggio dormito?
Degestione guastase, — non aggio ancor padito;
scorsa m’è la regoma — per lo freddo c’ ho sentito;
50el tempo non è fugito, — lassarne ancor posare! —
— Ed o’staisti a’mprendere — tu questa medicina?
per la tua negligenza — dòtte una disciplina;
si piú favelli, tollote — a pranzo la cocina:
54ché questa.tua malina — penso de medecare. —
— Or ecco pranzo ornato — de delettoso pane
nero, azemo e duro — che noi rosecára’l cane!
Non lo posso enghiuttire, — si reo sapor me sane!
58Altro cibo me dáne, — se me voli sostentare. —
— Per lo parlar c’ hai fatto, — tu lasserai el vino;
né a pranzo né a cena — non mangerai cocino;
se piú favelli, aspèttate — un grave disciplino;
62questo prometto almino, — non te porrá mucciare. —
— Recordo d’una femena — ch’era bianca, vermiglia,
vestita, ornata, morbeda, — ch’era una maraviglia:
le sue belle fateze — lo pensier m’asutiglia;
66molto si me simiglia — de potergli parlare. —