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XXVII
Como l’anima domanda aiuto
contra la battaglia de li sensi corporali
Amor diletto, — Cristo beato,
de me desolato — agge pietanza.
Agge piatanza — de me peccatore,
che so stato en errore — longo tempo passato;
a gran deritto — ne vo a l’ardore,
ca te, Signore, — síi ho abandonato
per lo mondo tapino, — lo qual m’è venino,
e dato m’ha en pino — de pena abundanza.
Abundame dentro — la grande pena,
la qual me mena — l’amor del peccato;
l’alma dolente — a peccar s’enchina;
dev’esser serina, — or ha ’l volto scurato;
perché a lei non luce — la chiara luce
la quale adduce — la tua diritanza.
Ma s’io me voglio — ad te dirizare
e non peccare, — credo per certo
che da te luce — verrá speregiare
ch’allumenare — farrá lo mio petto;
ma so acecato — en un fondo scurato
nel qual m’ha menato — la mia cattivanza.
La mia cattivanza — l’alma ha menata
lá ’v’è predata — da tre nemici;
e lo piú forte — la tene abracciata
ed encatenata — e mostranse amici;
dánno ferite — nascoste e coprite,
le qual voi vedite — che me metton en erranza.