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XXIV
Como la vita de l’omo è penosa
O vita penosa, continua battaglia,
con quanta travaglia — la vita è menata!
Mentre sí stette en ventre a mia mate,
presi l’arrate — a deverme morire;
corno ce stette en quelle contrate
chiuse, serrate, — nol so reverire;
venni a l’uscire — con molto dolore
e molto tristore — en mia comitata.
Venni renchiuso en un saccarello
e quel fo el mantello — co venni adobato;
operto lo sacco, co stava chello
assai miserello — e tutto bruttato,
da me è comenzato — uno novo pianto;
esto ’l primo canto — en questa mia entrata.
Venne cordoglio a quella gente
che stava presente; — sì me pigliâro;
mia mate stava assai malamente
del parto del ventre — che fo molto amaro.
Sì me lavâro — e dierme panceglie,
coprireme quigli — con nova fasciata.
Oimè dolente, a que so venuto,
ché senza aiuto — non posso scampare!
A chi me serve sí do el mal tributo,
com’è convenuto — a tale operare;
sempre a bruttare — me e mie veste
e queste meneste — donai en alevata.