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XCI
Come l’anima per santa nichilitá e caritá
perviene a stato incognito ed indicibile
Sopr’onne lengua amore, — bontá senza figura,
lume fuor de mesura — resplende nel mio core.
Averte conosciuto — credea per entelletto,
gustato per affetto — viso per simiglianza.
Te credendo tenuto — averte sí perfetto
provat’ho quel diletto, — amor d’esmesuranza.
Or, parme, fo fallanza, — non se’ quel che credea,
tenendo non avea — vertá senza errore.
O infigurabil luce, — chi te può figurare,
ché volesti abitare — en la scura tenebría?
Tuo lume non conduce — chi te veder gli pare
potere mesurare — de te quel che sia.
Notte veggio ch’è dia, — virtute non se trova,
non sa de te dar prova — chi vede quel splendore.
Virtute perde l’atto — da poi che giogne a porto,
e tutto vede torto — quel che dritto pensava.
Trova novo baratto — dove lume è aramorto,
novo stato gli è porto — de quel non procacciava;
e quel che non amava — e tutto ha perduto
quel ch’avea posseduto — per caro suo valore.
Se l’atto de la mente — è tutto consopito,
en Dio stando rapito, — ch’en sé non se retrova,
de sé reman perdente — posto nello ’nfinito,
ammira co c’è gito, — non sa como se mova.
Tutto sí se renova, — tratto fuor de suo stato,
en quello smesurato — dove s’anega l’amore.