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lauda lxxxviii 201


     or facciamo che l’uomo sia en stato
che truove en sé quella concordanza;
e parerne d’averlo retrovato,
se io non fallo nella mia cuitanza.
     Tre ierarchie ha l’omo perfetto:
la prima si è ben encomenzare;
lo secondo stato è piú eletto
ch’en megliorar fa l’om perseverare;
ottimo lo terzo sopra eletto,
omo che consuma en ben finare;
non se ne trovò ancor decetto
chi con questi tre volse albergare,
molto me ne trovo en gran defetto
ché io al primo ancor non volse entrare.
     Aggiome veduto e ben pensato
che l’uom perfetto a l’arbor se figura,
che, quanto piú profondo è radicato,
tanto è piú forte ad onne rea fortura;
de vil corteccia veggiolo amantato,
conservace l’umore e la natura,
de rami, foglie e frutto è adornato
lavora d’onne tempo senza mura;
da poi che ’l frutto hacce appicciato,
conservalo, nutrica e poi el matura.
     La fossa dove questo arbor se pianta
parme la profonda umilitate;
ché se la radicina loco achianta,
engrossace ad trar l’umiditate,
e fa l’arbor crescere ed enalta,
non teme freddo né nulla siccitate;
standoce gli ucelli, loco canta,
esbernace con grande suavitate,
nascondece lo nido e sí l’amanta,
che non se veggia a sua contrarietate.
     Lo ceppo che la radice sí divide
pareme la fede che è formata,