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LXII
De san Francesco
e de le bataglie del Nemico contra lui
O Francesco, da Dio amato, — Cristo en te s’ène mostrato.
Lo Nemico engannatore, — aversier de lo Signore,
creato l’omo, ave dolore — che possedesse lo suo stato.
Giendo a lui con fraudolenza — e cascollo d’obedenza,
fèlli far grande perdenza, — del paradiso fo cacciato.
Puoi che l’uomo fo caduto — e lo Nemico fo saluto,
ed en superbia raputo, — ch’era signor deventato;
Dio, vedendo questo fatto, — fecese om e dieglie ’l tratto,
e tolseli tutto l’acatto — che sopre l’om avi’ acquistato.
Con la sua umilitate — tolseli prosperitate,
e con la santa povertade — sí li die’ scacco giocato.
Per gran tempo fo sconfitto — lo Nemico maleditto,
relevosse e fece gitto — e lo mondo ha rapicciato.
Vedendo l’alta Signoria — che lo Nemico sí vencía,
mandar ce vuol cavallaria — con guidator ben amastrato.
San Francesco ce fo elesso, — per gonfalonier è messo,
ma nullo ne vol con esso — che non sia al mondo desprezato.
Non vol nullo cavalliere — che non serva a tre destriere:
povertate ed obedere, — en castitá sia enfrenato.
Ármase lo guidatore — de l’arme del Signore,
ségnalo per grand’amore — de soi segni l’ha ’dornato.
Tanto era l’amore acuto — che nel cuor avea tenuto,
che nel corpo si è apparuto — de cinque margarite ornato.
De la fico ave figura, — che è grassa per natura,
rompe la sua vestitura — en bocca rieca melato.