Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 93 — |
truffe e concussioni e favori scandalosi e scandaloso sperpero del denaro pubblico; prefetti, delegati, magistrati messi a servizio dei deputati ministeriali e clientele spudorate e brogli elettorali; ripartizione iniqua delle imposte, spese pazze, cortigianerie degradanti; l’oppressione dei vinti e dei lavoratori, assistita e protetta dalla legge, e assicurata l’impunità agli oppressori....
Da due giorni — dacchè Roberto era arrivato a Girgenti — usciva dalla bocca amara di donna Caterina Auriti questo fiotto veemente di crudeli ricordi, d’acerbe rampogne, di fiere accuse. Guardando il figlio, a traverso le pàlpebre rilassate, con quell’occhio quasi spento, ella si vôtava il cuore di tutte le amarezze accumulate in tanti anni e rattenute; di tutto il dolore, di cui l’anima sua s’era nutrita e attossicata.
— Che speri? che vuoi? — gli domandava. — Che sei venuto a far qui?
E Roberto Auriti, investito dalla furia della madre, taceva aggrondato, a capo chino, con gli occhi chiusi.
Aveva ormai quarantatrè anni: già calvo, ma vigoroso, dal torace erculeo, bello di maschia bellezza col volto fortemente inquadrato dalle folte sopracciglia nere, quasi giunte, e dalla corta barba pur nera, se ne stava profondamente avvilito e addogliato, come un fanciullo debole al cospetto di quella madre che, pur così debellata dai dolori e dagli anni, serbava tanta energia di carattere e così fieri spiriti.
Si sentiva veramente sconfitto, Roberto Auriti. L’animo, troppo teso negli sforzi eroici della prima gioventù, gli era venuto meno a poco a poco, di fronte alla nuova, laida guerra, guerra di lucro,